Incontri

Capucine Guhur

Lunedì 19 febbraio 2024

Crediti foto: Marina Germain

Grazie a La Récolte, il suo progetto di un nido dalle forme morbide realizzato con materiali naturali, l’architetta e designer Capucine Guhur ha vinto il primo premio del Sessùn Craft Prize. Lanciato nel marzo 2023, il concorso invitava a immaginare per la sede principale della Maison uno spazio accogliente per una o due persone, un luogo raccolto dove potersi riposare o lavorare in tranquillità. Ispirata dal teatro, dal movimento e dall’immagine, Capucine ha scelto per questo progetto di esplorare il legno e la paglia, segnando così una nuova tappa del suo percorso creativo.

Sei designer, architetta d’interni e scenografa… Ci racconti il tuo percorso?

Sono sempre stata immersa in un ambiente artistico: i miei genitori sono attori e mia sorella è regista. Il mio interesse per il mondo dell’arte si è manifestato molto presto. Dopo un corso preparatorio d’arte a Parigi, ho conseguito una doppia laurea in architettura d’interni e design presso l’École Camondo di Parigi. In seguito ho lavorato in diversi studi, portando avanti parallelamente dei progetti personali nel mio atelier. Ho collaborato soprattutto con agenzie gestite da donne, come Studio Perrier, Marine Bonnefoy o Marion Mailaender. Proprio Marion ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione del mio modo di percepire lo spazio: il suo spirito libero le permette di superare le frontiere del tempo e delle epoche. Da allora ho fondato il mio studio, dove sviluppo progetti di architettura d’interni, scenografia e design dell’oggetto.

Che cosa ti attrae in queste discipline? Perché è importante non limitarti a una sola disciplina, ma farle dialogare tra loro?

Sono sempre stata attratta dai luoghi, dagli spazi che ci circondano e dalle storie che raccontano. Nei miei progetti unisco in modo intimo design dell’oggetto e architettura d’interni: per me è naturale farli convivere, per dar vita a un racconto sensibile e coerente. È in questo modo che affronto ogni progetto, nella sua globalità.

Lavori tra Marsiglia e la Bretagna, con qualche sosta anche a Porto. Che impatto ha questa geografia così varia sul tuo lavoro?

Dividere la mia vita tra questi luoghi è una ricchezza e un privilegio. Ognuno mi offre fonti d’ispirazione diverse. La Bretagna è la mia terra natale, e spesso è lì che nascono le prime idee dei miei progetti. Amo la forza dei suoi paesaggi selvaggi e le tracce ancora vive della cultura celtica. A Porto come a Parigi, è invece l’effervescenza delle città artistiche a nutrirmi e ispirarmi. Marsiglia, invece, sprigiona un’energia unica, frutto dell’incontro tra culture mediterranee e influenze provenienti da altrove. E come la Bretagna, anche qui la presenza del mare è una fonte inesauribile di creazione. È proprio a Marsiglia che si trova il mio atelier.

Qual è la creazione che rappresenta meglio il tuo percorso?

Le creazioni riflettono spesso un momento preciso della nostra vita e delle nostre influenze. Ma, a seconda della libertà che si ha nel processo creativo, ci si affeziona a certi progetti più che ad altri. Il progetto Le Dernier Repas, esposto alla Design Parade di Tolone nel 2021 per la Villa Noailles, è stato una vera e propria “carte blanche”, un’esperienza di assoluta libertà creativa. La mitologia mi ha sempre profondamente ispirata, e questa è stata l’occasione per parlarne, non con le parole, ma attraverso lo spazio e gli oggetti. Il mio allestimento rappresenta una sala da pranzo, quella dell’ultimo incontro tra Ulisse e Calipso. Un luogo che ho voluto allestire come una scena teatrale appena conclusa, una tragedia. Quando i visitatori entrano nella stanza, regna il silenzio, ma nell’aria aleggia ancora l’eco delle voci. Il litigio è appena scoppiato, e ogni oggetto presente diventa testimone di questa altercazione mitologica tra Ulisse e Calipso. Per me i luoghi e gli oggetti custodiscono storie, frammenti di vita che appartengono solo a loro. Volevo che fosse una storia a guidare il mio processo creativo, e ho scelto di reinterpretare questo episodio dell’Odissea, con la mitologia greca e il Mediterraneo come culla simbolica del racconto. Ho immaginato una delle stanze in cui Calipso avrebbe potuto trattenere Ulisse. Desideravo che lo spazio, i mobili e gli oggetti, attraverso il loro aspetto, trasmettessero ciò che era appena accaduto. Ogni elemento della stanza, spettatore del dramma, sembra uscito da una fiaba o da un mito: ha qualcosa di misterioso, minerale, persino organico.

Quali sono le tue fonti d’ispirazione?

I miei progetti hanno spesso un’aura senza tempo. Mi ispiro a linee antiche o medievali, che amo interpretare con un linguaggio moderno. Può nascere da un grande tavolo scolpito nella roccia, da sedie che ricordano troni, o da arcate e drappeggi ispirati alle tende dei guerrieri romani. Mi piace lavorare con linee semplici e sono molto sensibile alla forza materica delle superfici. Anche i miei viaggi rappresentano una fonte d’ispirazione inesauribile. In particolare, mi ispira molto il lavoro dello scenografo Richard Peduzzi, per il suo universo sospeso nel tempo, così come l’immancabile Carlo Scarpa, l’architetto del dettaglio, e Vincenzo De Cotiis, genio della materia.

Che ruolo ha il teatro nella tua pratica?

Fin da bambina ho nutrito una grande passione per il movimento e l’immagine. A casa, l’incontro tra diverse forme d’arte era una regola. Ho sempre avuto una naturale inclinazione per il teatro: per me è essenziale, attraverso i miei progetti, raccontare una storia. Mi piace disegnare linee senza tempo, come se potessero uscire da una fiaba, e forse è proprio questo a dare ai miei lavori una certa teatralità.

Hai un rituale che ti accompagna nel lavoro?

La mia routine mattutina comincia sempre con una buona tazza di tè e una playlist ispirante. Per quanto riguarda il processo creativo, inizio sempre dal disegno a carboncino. Seguo quasi sempre lo stesso metodo: l’idea arriva rapidamente, con un impulso iniziale da cui prende forma tutto il progetto.

Quali sono i materiali che ami di più? E come li scegli?

Sono davvero innamorata dei materiali grezzi, e spesso faccio fatica a sceglierne solo uno! Amo in particolare il contrasto tra i materiali naturali e quelli più preziosi. La pietra e il metallo sono elementi ricorrenti nelle mie creazioni. Ogni nuovo progetto, però, è un’occasione per scoprire nuove materie e affinare nuove tecniche artigianali. Ad esempio, il progetto La Récolte, ideato per il Sessùn Craft Prize, segna la mia prima esplorazione della paglia come materiale di creazione. Come giovane architetta d’interni e designer, ritengo fondamentale interrogarsi sul tema della sostenibilità e sull’impatto che i progetti architettonici possono avere sull’ambiente. Personalmente, attribuisco grande importanza all’utilizzo di materiali locali e alla collaborazione con artigiani del territorio in cui il progetto prende forma.

Per la prima edizione del Sessùn Craft Prize hai immaginato un nido realizzato con materiali naturali. Vuoi parlarci di questo progetto?

La Récolte trae ispirazione dalle pause all’ombra delle balle di paglia, dopo una lunga giornata nei campi sotto il sole estivo, evocando le atmosfere delle tele di Van Gogh e Millet. Con le sue forme curve, richiama al contempo il nido, il bozzolo, il rifugio: uno spazio che isola e protegge. Come i tetti in canne di Camargue, questa micro-architettura vernacolare reinterpreta in chiave contemporanea l’uso della paglia. Questa struttura, dalle forme morbide e leggere, crea uno spazio di isolamento rigenerante. È composta da fasce vegetali sovrapposte e assemblate tra loro, il tutto sospeso a una struttura in legno. Condivisione e sperimentazione sono al cuore di La Récolte: un progetto che si inserisce pienamente nella filosofia di Sessùn, da sempre attenta al savoir-faire artigianale e al valore della manualità.

Com’è avvenuta la realizzazione di questo “nido”?

Il progetto si è sviluppato in modo estremamente fluido. Abbiamo subito individuato gli artigiani più in sintonia con la nostra visione. Ekolinea, con sede nei pressi di Arles, è un’azienda specializzata nella lavorazione delle canne palustri di Camargue. Da diverse generazioni, la famiglia Perret si distingue per la creatività e l’innovazione nell’uso di questo materiale naturale. Poiché il progetto evocava i tetti delle case della Camargue, è stato naturale collaborare con artigiani esperti in questo savoir-faire. L’obiettivo era valorizzare una forte dimensione locale, un impegno pienamente rispettato! Il progetto ha coinvolto anche un dialogo costante con il team di Sessùn e con Nathalie Dewez di Massilia, la cui gentilezza e disponibilità sono state preziose. È una splendida opportunità quella che Sessùn offre agli artisti: la libertà totale di creazione è ciò che ogni artista desidera di più.

Che cosa rappresenta per te Sessùn?

Per me Sessùn è come un tuffo condiviso nei ricordi d’infanzia, è una Maison che incarna autenticità e poesia. Sessùn trascende la sua identità di marchio di prêt-à-porter per diventare un progetto globale, che si arricchisce grazie al dialogo con altre forme d’arte.Un percorso che coltiva dando voce agli artisti e agli artigiani. In tre parole, Sessùn è sole, freschezza e condivisione.

IL LOOK DI CAPUCINE GUHUR

Potrebbe piacerti anche
Table
Incontri
lunedì 13 ottobre 2025
Sessùn collabora con Table per creare una capsule artigianale e colorata, realizzata a Marsiglia.
Continua a leggere
Cru Atelier
Incontri
mercoledì 27 agosto 2025
Abbiamo incontrato Sarah e Nina, fondatrici di Cru Atelier e vincitrici della terza edizione del Sessùn Craft Prize.
Continua a leggere
Clara Cebrian
Incontri
mercoledì 23 luglio 2025
Per la nuova collezione Vitaminé, Sessùn collabora con Clara Cebrian alla creazione di un foulard in seta, su cui l’artista firma un’illustrazione delicata e vibrante, ispirata al suo universo intimo.
Continua a leggere
outdated-browers